DI IMANE KHELIF E DELLA PRUDERIE DI CHI NON HA NULLA DI MEGLIO DA FARE

E’ veramente così importante sapere con assoluta certezza se la pugile algerina Imane Khelif sia una donna a tutti gli effetti oppure, invece, se l’incontro terminato al 46° secondo con Angela Carini sia stato l’ennesimo, pretestuoso evento per la discesa in campo della solita noiosa prevedibile politica?

Parliamoci chiaro: prima di partecipare a una competizione olimpica, gli atleti vengono scrupolosamente visitati e valutati. Secondo Outsports, sito che si occupa di cultura, sport e attivismo da una prospettiva queer: ci sono 193 atleti dichiaratamente gay, atlete lesbiche, bi, trans, queer che gareggiano alle Olimpiadi estive del 2024 a Parigi, un record“. Nel caso poi di atleti transgender, anche se non sono state ancora stabilite regole ben precise, le valutazioni vengono fatte caso per caso.

Tutto questo però, anche se encomiabile, nulla ha a che fare con Khelif, sottoposta a un’inappropriata attenzione mediatica da parte di certa stampa e certa politica italiana, in cerca probabilmente di notizie piccanti con le quali condire questa torrida estate e il loro horror vacui. Se una volta, e neppure tanti anni fa, bisognava dimostrare la verginità con la pubblica visione delle lenzuola della prima notte di nozze, ora invece è necessario che Khelif dimostri oltre ogni ragionevole dubbio di essere una donna. Forse alcuni pretendono una foto o un video o perché no, una diretta con la quale esibisca il suo genere? O invece non sarebbe meglio tacere, vergognarsi di quello che si è scritto e detto su e contro di lei, e chiedere scusa? “Boxe: un transgender algerino contro una donna italiana ai Giochi olimpici…È politicamente scorretto dire che tifo per una donna?”, scrive il presidente del Senato in un tweet su X. Il presidente del Cio Thomas Bach, quando ha incontrato Giorgia Meloni ha dichiarato: “La Khelif e la taiwanese Lin Yu-Ting sono donne a tutti gli effetti”. Questione chiusa.

E poi: un pugile sale su ring ben sapendo che si tratterà di una competizione violenta, e non del lancio di coriandoli. I pugni fanno male? In alternativa, ci si può dedicare ad altro. Non la pensano così  Kellie Anne Harrington e Amy Broadhurst, che sono riuscite a battere Khelif. E adesso, come la mettiamo?

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